di Alessandro Vergni
Ance è l’Associazione che raccoglie a livello nazionale e territoriale i costruttori edili. È per sua natura e
missione al centro di tutto quello che riguarda il mondo delle costruzioni, rappresentando le istanze della
categoria presso le sedi competenti. Abbiamo rivolto alcune domande a Mauro Carri, Direttore della sede
Ance di Grosseto, per comprendere come il comparto delle costruzioni si sia mosso nel corso degli ultimi
anni, quale sia il suo stato di salute oggi e quali sfide strategiche l’attendano per entrare nel futuro.
Direttore, negli ultimi anni ne sono successi di fatti significativi che hanno messo a dura prova gli operatori del settore delle costruzioni. Proviamo a fare il punto.
Abbiamo una lenta ma costante ripresa da 2 anni, una ripresa che non ha però ancora recuperato i gap del biennio 2008-2010. Sono stati anni bui sul piano nazionale, e di riflesso su quello locale, per una serie di crisi che hanno coinvolto direttamente il settore. In particolare, si è trattato di problematiche legate al comparto dei lavori pubblici, con un forte diminuzione di risorse messe a disposizione sia dallo Stato che dagli altri enti pubblici appaltanti, come quelli regionali e delle amministrazioni comunali. Abbiamo inoltre assistito ad una crisi dell’edilizia legata all’esplosione della bolla dei mutui subprime che, ricordiamolo, comportò una fortissima riduzione dell’erogazione dei crediti.
Come se non bastasse, quando si iniziavano a sperimentare segnali di ripresa è scoppiata la pandemia…
Il periodo della pandemia è stato un periodo che ha creato grosse difficoltà ad alcuni comparti del settore
edile, in modo speciale a quello dell’edilizia privata, dove sono statti chiusi moltissimi cantieri a causa delle problematiche emergenti. Altri comparti, invece, hanno potuto continuare la loro attività ricoprendo un importante ruolo sociale ed economico. Per fare qualche esempio, il comparto delle manutenzioni degli acquedotti, quello della costruzione delle infrastrutture viarie, gli interventi di manutenzione delle infrastrutture ferroviarie, l’edilizia sanitaria, tutti comparti in cui le imprese hanno mantenuto l’apertura dei cantieri a seguito però di specifici protocolli anti-Covid.
Il settore delle costruzioni, quindi, è stato tra i primi a testare nuove modalità operative in tempo di emergenza sanitaria.
È stato il primo settore a livello nazionale, grazie alle esperienze territoriali di applicazione di protocolli nati da una fortissima concertazione tra mondo delle imprese e delle rappresentanze dei lavoratori delle costruzioni edili, con il supporto di valutazioni di carattere igienico sanitario da parte degli organi competenti. Tali protocolli sono stati la base che ha permesso il mantenimento dell’apertura dei cantieri nei comparti sensibili. Successivamente, a seguito anche della riduzione dell’impatto pandemico, si sono riaperte delle opportunità nel settore dell’edilizia privata, in particolare nel settore delle ristrutturazioni.
A proposito di ristrutturazioni, oggi si parla di ripresa quasi esclusivamente riferendosi a questo tipo di interventi; le nuove costruzioni sembrano uscire ridimensionate da questa fase. Complici anche le misure fiscali adottate dal Governo?
Storicamente le ristrutturazioni edili sono state attività di produzione che hanno visto nell’economia generale del settore una propria centralità. Il bene casa è stato sempre attrattivo. È chiaro, però, che hanno contribuito a questa graduale ripresa le misure di fiscalità premiante, cioè l’introduzione dei bonus fiscali: prima quelli su edilizia e ristrutturazione, poi quelli sui mobili, quelli sui giardini, successivamente gli ecobonus e infine il superbonus 110%. Hanno tutti la stessa filosofia fiscale: premiare il contribuente. Si tratta di un’opportunità che genera un aumento di domanda e, conseguentemente, la possibilità di un incrocio con l’offerta. Si può constatare come, anche a livello locale, vi sia un aumento di attenzione ai lavori pubblici, essendo nel frattempo gli enti locali tornati ad incrementare la propria attività di investimento. Il Comune di Grosseto, grazie al PINQuA che è uno strumento per le rigenerazioni urbane, è abbastanza avanti su questo punto Teniamo conto che oggi, più che ad espandere, si tende a ricostituire il tessuto della città; quindi l’intervento di ristrutturazione è primario. A Grosseto e provincia siamo in linea con quello che è l’andamento regionale e nazionale; anche in questo caso la premialità fiscale – e non dimentichiamo il bonus facciate – ha determinato una crescita di tipo economico graduale. Una tendenza che come ANCE cerchiamo di sostenere.
La situazione che lei descrive lascia immaginare che ci siano ricadute positive anche per quanto riguarda il settore occupazionale. È così?
Il settore costruzioni ha sofferto per anni la fuoriuscita di decine e decine di maestranze; oggi sta gradualmente recuperando e siamo difronte, casomai, ad una carenza di offerta di lavoro. Abbiamo necessità di accedere ad una platea di potenziali addetti, di operai qualificati e di altre figure specializzate, per la carenza delle quali oggi le aziende sono in sofferenza. Ance si sta adoperando nel cercare di offrire opportunità di formazione attraverso la nostra Scuola Edile Grossetana. Abbiamo avuto momenti di incontro con le varie amministrazioni, con la Prefettura di Grosseto in primis, perché riteniamo che anche un flusso guidato e opportunamente gestito di cittadini provenienti da Paesi non comunitari potrebbe essere impiegato nelle nostre aziende, attraverso canali sicuri e dopo un’adeguata formazione che siamo in grado di offrire con la nostra Scuola Edile.
La fase attuale è segnata da tre elementi di forte criticità: carenza di materie prime, ritardi nelle consegne e prezzi alle stelle. È colpa dello scenario internazionale che registra una guerra in corso o c’è dell’altro?
Su questi temi stiamo intervenendo a più livelli avendo come interlocutori innanzitutto i Ministeri competenti.
Occorre tuttavia fare una premessa: l’aumento dei prezzi non è direttamente collegato alle vicende della guerra attuale, ma ha radici nel momento in cui la pandemia ha ridotto la sua espansione. A livello internazionale vi è stata infatti un forte domanda da parte di tanti Paesi, uno tra tutti la Cina, che ad esempio ha avviato procedure per una consistente richiesta di acciaio. È chiaro che nel momento in cui domanda e offerta non trovano un equilibrio si possono creare queste problematiche. Quando un’impresa di costruzione – che è l’ultimo anello del processo – fa richiesta di materiali come ferro, cemento, infissi, è inevitabile che si generino ritardi nella consegna dei materiali e lievitazione dei prezzi. Questo penalizza sia il costruttore che l’utente finale. Diventa allora necessario trovare soluzioni che siano temporanee e soluzioni che tengano conto del medio – lungo periodo.
Un ultima domanda vorrei riservarla al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Quali sono le opportunità e le criticità che Ance intravede in questo strumento?
Il nostro comparto interessa il 40 % della massa complessiva delle risorse economiche dirette o sviluppabili dagli investimenti del PNRR. Le leggi ci sono, le risorse pure, due però sono i possibili colli di bottiglia: una non preparazione di tipo burocratico collegata agli utenti, specialmente agli enti pubblici, laddove sappiamo che la maggior parte delle progettualità parte dagli enti locali e poi le gare d’appalto, perché stiamo parlando di interventi che per l’80 % passano attraverso gare d’evidenza pubblica. Queste hanno un iter in cui, non essendoci i prezzi, i costruttori potrebbero decidere di non partecipare. Allora sarebbe un grosso controsenso essere una Nazione che ha le risorse assegnate dal PNRR più ampie in Europa, e poi non essere in grado di implementare questo tipo di investimenti. Come Associazione Costruttori stiamo lavorando, auspicando una sensibilità da parte dei Ministeri competenti, sull’adeguamento dei listini prezzi che sono strumenti di riferimento per esperire le gare d’appalto e presentare le offerte. Possono sembrare dettagli, ma non sono problemi di retroguardia. Stiamo lavorando di concerto con le autorità e gli enti competenti; non siamo ancora soddisfatti. Qualche decreto per l’adeguamento ai prezzi è stato introdotto, ma sono decreti che applicano una procedura che non è quella giusta. Chiediamo che si adotti il modello francese che prevede un adeguamento automatico ai prezzi di mercato. Diversamente potremmo trovarci davanti ad un problema e rischieremmo di perdere una grande occasione.